Perchè sono in disaccordo con l'Avvocato Titto Tettamanti

nel suo articolo : "Non abbiamo più i soldi, va rivalutato il risparmio".

... e "Il vero male maggiore è lo "statalismo" oramai diffuso: per ogni motivo si vuole ricorrere allo stato.

Vi invito a leggere “Il Commento” dell’Avvocato Tito Tettamanti «Non abbiamo i soldi» sul Corriere del Ticino del 25.07.2024.  È caratteristico di un modo di pensare marcatamente liberale, sulla scia di Margareth Thatcher e Ronald Regan. Nella versione originale, un richiamo sottolinea espressamente che "il male peggiore è lo “statalismo”, con il quale si chiederebbe allo Stato di prendersi cura di tutto, compreso quello che rileverebbe della responsabilità individuale.
La narrativa dietro a questo è radicata e subdola, si allaccia a quella sulla meritocrazia (1) e alla fede (di fede si tratta: una credenza che non ha verifica nei fatti) nel potere del mercato di equilibrare gli elementi dinamici della società e della natura (in realtà sempre più sbilanciati). 
Ho reagito perché il cursore della tolleranza a delle affermazioni non sostanziate dai fatti va spostato, anche nel campo dei lettori del Corriere del Ticino. Un grazie alla sua Redazione di aver pubblicato il testo senza tagli, anche se non hanno messo di fianco alla mia firma l’appartenenza ai Verdi del Ticino e al ForumAlternativo, alla quale tengo. 
Il testo della mia lettera è qui sotto.


Il Commento dell'Avvocato Tito Tettamanti «Non abbiamo i soldi» (CdT del 25.07.2024) mi ha portato ad alcune riflessioni aggiuntive che vorrei condividere con i lettori, ferma restando la premessa che la spesa pubblica debba essere diretta con giudizio ed efficienza, evitando gli sprechi. 

La prima è che nel testo si presuppongono delle finanze pubbliche con entrate sostanzialmente immutabili, tali un dato fisico come la costante di Cavendish o il numero di Avogadro. Il fatto che recentemente il popolo ticinese abbia scelto in favore di una fiscalità più leggera (dando fede all’argomento, tra gli altri, di casse pubbliche alla fine più piene), non significa che la teoria dell'equilibrio delle finanze pubbliche vada discussa con questo sottointeso. 
In realtà, un contributo crescente da parte dei più abbienti sarebbe giustificato: abbiamo in atto dei meccanismi che da un lato proteggono il capitale (vincoli all’inflazione, raffinati strumenti di gestione finanziaria, mobilità internazionale alla ricerca di una minore imposizione) (2), e dall’altro elementi che impoversicono le casse pubbliche e i meno abbienti (crisi ecologica, crisi energetica, costi della sanità). La risultante di queste forze è un aumento delle disuguaglianze, una situazione oggettiva e ben documentata, che andrebbe corretta (3). 

La seconda è che la ricchezza ha un'impronta ecologica e che questa non è quasi mai rimborsata sotto forma di ricapitalizzazione della natura. Le cose non stanno proprio come diceva Vautrin, il cinico personaggio di Balzac che affermava che ogni fortuna aveva avuto origine in un assassinio, ma cambiando la vittima e il tipo di danno, sappiamo che le attività che generano ricchezza necessitano lavoro umano, materie prime ed energia la cui estrazione impoverisce la natura. Questo impatto ecologico della ricchezza potrebbe e dovrebbe essere risarcito, anche solo da oggi, senza tener conto del passato. Una compagnia immobiliare, per esempio, potrebbe facilmente calcolare il proprio impatto ecologico e versarne l'equivalente alla ricostruzione della Valle Maggia.

La terza è che il discorso del capofamiglia che non deve spendere più di quanto ha a disposizione dovrebbe valere ancora di più per l'impronta ecologica, scientificamente scomponibile in diversi sistemi (questi sì fisici, e non di valori, come le decisioni sulla fiscalità) (4) nei quali viviamo a credito senza che questo possa essere riequilibrato dal contributo di chi è più facoltoso, una situazione ben più pericolosa che quella finanziaria, dove il capitale esiste (si vedano i lavori della studiosa Ingrid Robeyns sul limitarianismo). 

Mi sembrano considerazioni di semplice buon senso.

Bibliografia:
  1. Daniel Markovits: The Meritocracy Trap: How America's Foundational Myth Feeds Inequality, Dismantles the Middle Class, and Devours the Elite 
  2. Thomas Piketty : il Capitale al 21° secolo
  3. Joseph Stigliz: "Il prezzo della disuguaglianza". Presentato qui dall'editore Einaudi.
  4. Johan Rockström: "Safe and just earth system boundaries" .  Qui l'articolo originale su Nature
  5. Ingrid Robeyns: "Limitarianism: the case agains extreme wealth". Su youtube una conferenza dell'Autrice.


Cerca