Il Caso Scurati: perchè sono indignato
La crisi della verità è la cosa più grave del Caso Scurati
In seguito alla discussione con due amici, metto qui le riflessioni scaturite dal "Caso Scurati", del quale purtroppo non si parla più abbastanza. L'elemento principale per me è che il caso segnala del disprezzo della verità (nel senso etimologico: togliere valore) che è particolarmente diffuso, e dal quale dobbiamo guardarci come faremmo da una temibile epidemia: senza verità non si può costruire niente di solido.
La storia è riassunta qui.
- La Presidente Giorgia Meloni, ha immediatamente reagito pubblicando sul suo profilo facebook il testo di Scurati. Buon colpo demagigico, ma lo ha fatto utilizzando molte delle tecniche delle quali parla Michele Murgia nel suo libro "Istruzioni per diventare fascisti", recensito in un'altra pagina, e con degli aspetti particolarmente gravi proprio riguardo al disprezzo della verità.
Per una lista non esaustiva, la Presidente del Consiglio dei Ministri:
- svilisce la cultura e la professionalità con le battute sul non dover pagare il testo e l'onorario (€1'800), comparandolo al salario medio. Siamo tutti uguali, ergo le opinioni hanno tutte lo stesso valore (qui si parla proprio di valore monetario). Risolutamente no. Questo para-sillogismo origina da povertà di linguaggio, e amalgama nella parola "uguali" dei significati diversi. Uguali nel senso che abbiamo tutti gli stessi diritti: sì. Uguali nel senso che le opinioni hanno tutte lo stesso valrore: no. L'opinione di Scurati sul ventennio fascista non ha lo stesso valore di quella di chiunque altro, vale molto di più, e devo riconoscerlo (e retribuirlo adeguatamente nel momento in cui gli chiedo di metterla a disposizione).
- discredita il suo interlocutore avanzando l'ipotesi che sia stata una mera questione di soldi.
- disprezza la verità: "non so quale sia la verità", scrive, ed è qui per me il punti più grave.
Il disprezzo della verità, purtroppo non solo appannaggio della destra populista, costituisce a mio avviso un problema moderno, in legame diretto con la crisi dell'informazione che, con le altre crisi (climatica, migratoria, tecnologica, della ridistribuzione della ricchezza) ci mette nelle condizioni di una tempesta perfetta (come lo furono quelle degli anni 1913-1914).
Le bugie si sono sempre dette, mi si può argomentare. Ma che si banalizzi la verità mi sembra un elemento nuovo e particolarmente grave. La filosofa politica Hannah Arendt (nelle foto) diceva che ci può essere disaccordo sui valori, disaccordo sull’interpretazione dei fatti, ma non disaccordo sui fatti, perché i fatti sono verificabili (Questa dissezione in tre categorie è utile nel quotidiano per affrontare ogni disaccordo). La Presidente invece ritiene che non sia importante verificare i fatti. Apre la strada a pensare che magari i fatti non siano verificabili (che i fatti non siano fatti, ma opinioni). In questa confusione tra fatti, interpretazione dei fatti e valori è comune che il dibattito non separi, in un gran polverone che mina la credibilità, o che non la avvalora, riportandoci ad opinioni che hanno tuttte lo stesso peso.
Nel caso in questione, il Direttore Rai Piero Alessandro Corsini sembra non aver detto la verità, affermando che si trattava di aver annullato il monologo per un divario sul compenso, quando invece (fatto verificabile) il contratto sarebbe già stato stato firmato.
Se non avesse detto la verità, sarebbe grave, e sarebbe solo decenza che si dimettesse. Il Direttore RAI non deve essere lasciato andare su questo punto.
Vorrei un hashtag “ “#liersmustgo”: sarebbe un bel regalo per tutti.